Edith de Hody Dzieduszycka
CELLULE
Ad ognuno
subito
il suo bagaglio
nascondiglio
camera oscura
ripostiglio segreto
labirinto solitario
dove a poco a poco
deporre
numerose
le cellule morte
della sua scorza
incrostazioni
scarti
peccati
rifiuti
altri residui
del suo terrestre corso
che senza quei pozzi fondi
ove poterli buttare
sprofonderebbe
sotto un peso
dio grave densità
d'intensa gravità.
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Pesci rosa e lisci
senza lische né scaglie
nel mio grembo guizzati
una notte di luna
pinne minute dita
bussando all'improvviso
alle tese pareti
della conca profonda
alghe del mio giardino
seminate in segreto
tale dono imprevisto
all'ombra del mio seno
viaggiatori diretti
ormai senza ritorno
a varcare il Cap Horn
di mari sconosciuti
al tocco di primavera
a mezzanotte estiva
con forza proiettati
voi foste nella luce
fuori dall'antro chioccia
con grida lacrime
nel sangue d'una madre
e del mare il sale
a voi soli ormai
la sbarra
il timone
la bussola
le stelle
per una scia unica
solitaria avventura
dell'ancora da lama
reciso il cordame.
Archi sospesi
d'un ponte imprevedibile
frecce sparpagliate
dall'ignoto percorso
impreviste o banali
temute forse sperate
alcune scadenze
sulla schiena dei giorni
a cavallino giocano
pulci insopportabili
che sulla pelle lasciano
il rigonfio osceno
d'un avido morso
e fedeli punteggiano
la strana partizione
da ampia sinfonia
a mesto ritornello.
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Del più o meno breve intervallo
tra un punto interrogativo
e un altro punto interrogativo
qual è il più bizzarro
l'intervallo
nostra strana presenza
la nostra lunga assenza
passata
e futura
ad intervalli me lo chiedo
ma fino alla fine del giorno
ostinato rimane
il punto interrogativo.
CINQUE + CINQ
A volte ci si pente
di una cosa fatta,
un parola detta,
un pensiero sbocciato.
Troppo tardi ormai.
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Piccole schegge stupide,
meschine, perfide,
infilate per sbaglio
all'arrivo trovate
in fondo al bagaglio.
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Niente di più labile
di un pensiero
che viene,
si trasforma
e se ne va.
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Una goccia, misera goccia,
la somma di quanto so,
nell'oceano immenso
di quanto so
di non sapere.
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Che sia distanza, intervallo,
o muraglia, trasparente frontiera,
sempre si frappone tra le cose
nude e lo sguardo su di loro,
una frattura, a corromperne il gusto.
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E' nella stessa lingua
comunque, sempre, che
senza saperlo,
piangono
i neonati.
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Nel giardino del non detto
striscia, malefico,
il malinteso,
sotto la maschera
stampata del sorriso.
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Sui sentieri del mondo
anonime, s'aggirano
pietose ombre,
il cui passo leggero
nessun impronta lascia.
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Invece di esporre
il fondo del pensiero,
più spesso le parole
girandone intorno,
lo nascondono.
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Ai ladri di sguardi
non occorrono specchi,
che narcisi
si mirano
in laghi d'iride.