Edith de Hody Dzieduszycka
Nella Dzieduszycka è evidente la necessità di entrare nell'oggetto carpendo i mutamenti delle cose e ciò che il tempo lascia ancora visitare. Catturare l'immagine e il dettaglio è scandagliare l'origine del soggetto stesso fino ad assumere un atteggiamento analitico e consegnarci un piano visivo apparentemente iperreale. Ma sono sempre i "semi" che precedono tutto questo che Edith scorge ed immagina e se possibile il suo scavare si fa estrattivo e trova un mondo chiaro e pure oscuro dell'iperreale fino alla sua estetica finalità e sublimando muta in astratta cosa.
Bruno Aller
2015, Galleria arti e pensieri, metafotografia
La carta è spesso fonte di travaglio o di quisquiglie. Per fortuna, per alcuni, più attenti, la carta è fonte di pensiero e pure fonte di allegro rifacimento del mondo...
Pierre-Marc Levergeois
2014, Strati astratti, collages
Credevo di ben conoscere Edith, le sue opere fatte di ombre e di luci, di dolcezza e di forza, il suo modo così elegante di giocare con le parole, la sua poesia dagli accenti tristi o allegri. Avevo ammirato i suoi lavori fotografici spesso sconcertanti, dove il minimo sasso, il minimo selciato prende vita. Ero rimasto a lungo pensoso davanti alle sue opere. Sì, credevo di conoscerla, povero innocente! Dovevo ancora scoprire i suoi ultimi collage. Edith mi ha bruscamente fatto fare un tuffo nel mondo dei sogni della mia infanzia. Ho ritrovato in ognuna delle sue creazioni lo stupore provato grazie al caleidoscopio dei miei giovani anni, questo arnese misterioso ereditato da mio nonno come un tesoro inestimabile e trasmesso non senza reticenza alla mia discendenza.el mondo...
François Sauteron
2014, Strati astratti, collages
"…Statiche sono le quattro statuarie figure bianche che la francese Edith Dzieduszycka ha immerso in quella sorte di horror vacui frantumato collagisticamente nel trittico "Scrutando l'orizzonte". In quell'opera Edith, dotata di una versatilità creativa strabiliante, ha coniugato due modalità tecniche, il collage e la fotografia, appunto nel cui ambito ella ha saputo ottenere risultati espressivi di notevole fascino e acutezza."e "possono capire".
Giorgio Di Genova
2010, fotocollages
La fotografia diviene collage. Il collage diviene fotografia del non apparente. Non imitazione quindi della natura, ma lacerante ricomposizione di un ordine segreto. La “de-composizione” della materia genera immagini astratte, ricche di effetti plastici e luministici. Improvvisamente, oggetti comprensibili all'occhio, platealmente banali, sembrano farsi ermetiche astrazioni di se stessi.
Elisa Govi
2010, fotocollages
Edith ha pensato per noi a fermare quel momento magico ed ha pensato soprattutto a fermare ciò che per definizione è ineffabile: le rifrazioni, i riverberi, i barbagli, le luci, i raggi, i bagliori… Per un istante, grazie alle sue fotografie, ci troviamo con la stessa acqua nello stesso fiume. Edith ha fissato un attimo di eternità sottraendola all'oblio.
Stefania Severi
2009, Historie d'eau, fotografia
Non sarà un caso se le fotografie di Edith, donna di inesauribile creatività nello scovare forme nell’informe e nell’incongruo trascorrono con naturalezza dalle dimesse e commoventi foto dell’album di famiglia a una segnaletica estratta (ma meglio sarebbe dire astratta) dalla nobile povertà della materia, dal micro caos del dettaglio.noi con immagini che possiamo vedere.
Vittorio Sermonti
2006, fotografia
Edith, lasciati penna, suoni, pennelli, colori, ferri, matasse, farina, marmellata e ritagli, ha provato a posarsi sull'ispirazione, come l'ape sul fiore, con la macchina fotografica, cercando di sorprendere l'anima con uno scatto nel preciso momento dell'incontro con quel tu speciale, quando un particolare sensibile s'attacca alla persona dell'artista, come un dito sul campanello, continuando a suonargli l'urgenza di qualcosa.
Marilena Menicucci
2005, fotografia
Nelle foto che hanno dato vita a questo libro Edith ha seguito un percorso diverso e io sono felice che lo abbia fatto. Lei è un’intellettuale moderna che non deve nulla al realismo e alle denunce sociali degli anni tra Cinquanta e Settanta. Lei è una donna che guarda, una donna che guarda con occhi aguzzi e incantati, e che subito fa scattare la sua macchina fotografica. E’ una donna di gusto europeo che s’imbatte in un particolare e lo fa diventare un indizio della sicilianità, un indice per sempre… Una sorte di astrattismo fotografico poeticamente intenso ed esasperato.
Giampiero Mughini
2004, La Sicilia negli occhi, fotografia
So che emozione simile a quella del verde coraggioso che cerca di crescere nell'asfalto mi ha offerto la visione di questa collezione di immagini, opera della mia amica Edith. Questi due modi d'esprimersi così fondamentalmente diversi hanno un importante punto in comune: Sono entrambe prove d'amore.
Folco Quilici
2002, fotografia
Collages o fotografie sono opere di grande libertà ma anche di evidente rigore e il loro continuo trasmigrare tra vero e falso ci appare sorretto da una naturale disposizione dell’artista a vedere oltre le cose rappresentate, che poi si traduce nella preziosa capacità di trasfigurare il reale in immaginario e, viceversa, l’immaginario in reale.
Roberta Fiorini
1999, collages e fotografia
Ho ricevuto il catalogo con le Sue fotografie delle tombe del Père Lachaise e La ringrazio molto. Sono amante dei libri sui cimiteri “monumentali” dell’Ottocento, e questo immagini sono tra le più belle e più suggestive che io conosco. Grazie davvero.
Federico Zeri
1997, fotografia
Edith Dzieduszycka cammina lentamente e pensosamente fra le tombe del Père Lachaise. Guarda e insieme si astrae tenendo tra le mani la macchina fotografica che è profondamente complice… Con queste impressionanti fotografie noi camminiamo con l’artista e sentiamo paradossalmente quale senso d’eternità ci venga da quanto è più perituro.
Maria Luisa Spaziani
1997, Les jardins du silence, fotografia
Con la sua macchinetta fotografica tascabile, Edith raggiunge l’apice di una visione insolita, sconcertante, sconfinante molto spesso nel fantastico. Attraverso una metamorfosi quasi immanente, dovuta unicamente all’obbiettivo-occhio dell’artista ispirata, riesce a creare un suo affascinante universo-cosmo, di una innegabile espressione pittorica.edium fotografico.
André Verdet
1996, fotografia
Nelle sue foto vedo dei segni che abbiamo incontrato, visto per strada diverse volte in altri posti e che hanno dato delle grosse sensazioni a chi, naturalmente, è attento, a chi ha dentro qualcosa da dire e penso che Edith non ha fatto che rubare quello che dentro aveva già. Queste immagini sono un pretesto. Erano lì, avrebbero dormito una pace forse eterna se un anima poetica non gli avesse rubato qualcosa che poi ha dato a noi con immagini che possiamo vedere.
Mario Giacomelli
1995, fotografia
Edith continua i suoi viaggi immaginari con la fotografia alla ricerca dei colori e delle trame dei luoghi persi della nostra civilizzazione, come resti della memoria, dove è più forte l’estraniamento e l’appagamento formale. Espressioni incrociate che risentono delle origini pittoriche dell’autrice, che usa la fotografia per calarsi nella realtà dall’interno e quindi viverla come motivo di profonde trasformazioni. Immagini del “colore trovato”, che si propongono come un linguaggio che è nel contempo un percorso di verifica dentro la stessa natura delle arti visive e nuove occasioni di conoscenza del medium fotografico.
Enzo Carli
1995, collages
Questa poetica del rottame, del ready-made emarginato, come rigetto e cattiva coscienza della nostra civiltà industriale, è solo una parte dei temi di Edith, perché la sua tastiera è infinita, è un caleidoscopio al limite della fantasmagoria… Edith trova. Perché ha questo occhio da detective, questa capacità iperestesia nell’osservare gli aspetti desueti, dimenticati, cancellati della realtà. E poi ha questa formidabile capacità di strutturarli come in una resurrezione.
Sandro Genovali
1996, collages
L’oggetto più banale può essere investito di un’intenzionalità estetica che ne estrae potenzialità di bellezza insospettate, per cui l’oggetto esiste su un doppio binario: quello piattamente esistenziale che lo perde nel flusso continuo del tutto, e quello estetico che lo isola dal contesto scoprendone bellezze recondite… Edith opera istintivamente secondo questo modello. Cerca attentamente la poesia dove gli altri nemmeno guardano.
Enzo Bilardello
1996, collages
Edith si spinge nei territori impervi del fantastico, come direbbe Eric Satie, con la leggiadra di una danzatrice in punta di pensiero e, per altro verso, con l’affondo di chi dal fantastico prende spunto per sostenere la propria diversità, la propria identità attraverso inconfondibili caratteri fisionomici.
Cesare Nissirio
1995, collages
Edith possiede, con un misto di non so che di grazia e di crudeltà intelligente, la capacità di costringere le figure a parlare altre lingue, a vicinanze indesiderate. A esistere in complesse costruzioni là dove tutto era semplice. Nella molteplicità in luogo di ciò che sembrava unico, essenziale.di dell'Io.
Mario di Capua
1995, collages
Edith continua i suoi viaggi immaginari con la fotografia alla ricerca dei colori e delle trame dei luoghi persi della nostra civilizzazione, come resti della memoria, dove è più forte l’estraniamento e l’appagamento formale. Espressioni incrociate che risentono delle origini pittoriche dell’autrice, che usa la fotografia per calarsi nella realtà dall’interno e quindi viverla come motivo di profonde trasformazioni. Immagini del “colore trovato”, che si propongono come un linguaggio che è nel contempo un percorso di verifica dentro la stessa natura delle arti visive e nuove occasioni di conoscenza del medium fotografico.
Enzo Carli
1995, fotografie
I sorprendenti collages di Edith hanno già suscitato numerosi commenti che ne riconoscono la qualità. L’artista compone i suoi labirinti e fantastici paesaggi con dei frammenti d’immagini ritagliati nella stampa dei rotocalchi. … Nell’attuale fase astratta, l’opera propone una narrazione minimalista, non mette più in scena alcuna fantasmagoria ossessiva se non la discreta e misteriosa memoria “generica” dei vari frammenti trapiantati.
Anne-Marie Sauzeau
1994, collages
Ma Lei sa che i suoi collages sono superbi, perché non hanno niente in comune con quella coorte di banalità di uno pseudo surrealismo attardato. No, le sue opere disturbano, danno un senso di spaesamento, di disorientamento e fanno sognare.
Paul Duchein
1994, collages
Il frammento in sé è banale, anonimo, acquista valore espressivo grazie ad un sortilegio alchemico che lo rende partecipe di un progetto creativo. Al posto dei colori, la carta, al posto del pennello, il gesto paziente che incolla e congiunge. I frammenti sono simili a sillabe, segni astratti di un linguaggio personale che interpreta un percorso definito a priori, negli strati profondi dell'Io.
Susanna Misiano
1992, collages
Qui il valore espressivo dell’opera di Edith si ripropone come “astratta” volontà gestuale bloccata e rappresa in una composizione che non disdegna l’eleganza, la minuzia del lavoro meticoloso, da tessitura musiva. E’ il risultato di una penetrazione microscopica dello sguardo e di una tensione ultrasensibile, che sorvola la stessa cornice della sensibilità.
Duccio Trombadori
1992, collages
Nella essenzialità delle forme, nella suggestiva limpidezza di accostamenti di colore Edith trova la sua identità particolare, la sua misura segreta riflessa attraverso la coscienza dell’arte. Quasi come un ritorno alle origini della magia, nello spostamento continuo dei riferimenti, le figure vengono controllate dalla mente nel respiro degli spazi, nella libertà senza limite, in atmosfere irreali che si aprono in immagini inesplorate dell’inconscio.
Mario Giacomelli
1992, collages