Edith de Hody Dzieduszycka
Nella notte un treno
Il Salice, 2009
Vuoto
silenzio
pagine bianche
uno spazio di niente
tranquillo furtivo treno
srotolando i suoi vagoni
immagini sfocate
suoni impercettibili
emergenti
qua e là.
E poi
all’improvviso
nell’afa d’una sera
si schiude la ferita
dilagano
pressanti
da carrozze sventrate
invadono la scena
parole accumulate
corteo d’immagini
nel tempo seppellite.
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Sboccio intermittente
magma segreto
a volte un niente
alcuni accordi
parole due tre
qualche colore
un profumo leggero
e il convoglio si muove.
Affiora l’inespresso
l’informo prende contorni
suoni sparsi s’allacciano
si socchiude la gabbia
ove dimenticati prudenti
sull’uscio del tempo ingordo
in letargo nascosti
alla rinfusa riposano
angosce dimenticate
brandelli di ricordi.
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Mia madre
Seduta vicina al fuoco
incredulo fantasma
magra
pallida
estenuata
una donna racconta
il viaggio e l’angoscia
l’impatto a cuore battente
con un pianeta ostile
la cella sordida
invasa dalle pulci
le notti senza sonno
spiando il battito
ritmato degli stivali
lungo i corridoi
il cortile ghiacciato
dove sempre
automi pallidi
girare rigirare
i latrati
gli ordini
gli interrogatori
lontani e vicini
le grida
i rantoli
il freddo
e la fame
e sempre la paura.
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Mio padre
Fluttuano
i miei giorni
come le tue ore
inchiodate al lento convoglio
dell’inumana barbarie
galleggia la mia vita
in balia dei tuoi giorni
crocifissi sui gradini
dell’eterna assurdità.
Da un punto dello spazio
oscuro
difficile da situare
sento però vicina
la tua ombra
che in ogni momento
copre la mia.