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TRIVELLA

Andata ritorno

 

In frantumi

testa

petto

corpo intero

dolore

frastuono

luci

 

E poi

lo sfilarsi da se

l'allontanarsi

il diluirsi

il sentirsi rarefatto

in una bolla

leggera

 

Il perdersi

per ritrovarsi

sguardo nudo

che contempla

smarrito

l'involucro svuotato

rimasto là sotto

 

Il sapersi

o forse no

uno di quegli

andati

spariti

non del tutto

o forse sì

la cui essenza

inconsistente

fuoriesce

dall'astuccio spaccato

e liberata

libera

nell'etere

galleggia.

 

 

Nulla per te

 

Il freddo pungeva

intenso

tagliente

Una luminosità

insieme violenta e velata

calata a strapiombo

schiacciava ogni cosa

privandola dalle ombre

e dalle sfumature

che regalano rilievo

alle superficie più banali

 

La strada di terra sulla quale

in quell'istante

camminava

non era piana

anzi

Irregolare

polverosa

piena di bozzi buche radici sassi

Sotto quella luce impietosa

sembrava però un nastro

grigio e piatto

tra gli arbusti neri

che la costeggiavano

 

Strani fiori sconosciuti

carnosi e vellutati

s'intrecciavano

con i rovi spinosi

Offrivano le loro corolle

intrise e livide

aperte come bocche avide

esalando i sentori

dolciastri del loro alito

Stava attento

a non toccarli

a nemmeno sfiorarli

nel timore del loro contatto

forse velenoso

 

Il cielo

Era come se non ci fosse

Una superficie uniforma

lattiginosa

una distesa opalescente

che si stendeva

sopra i rami

da oriente

ad occidente

Il tetto assente di una gabbia

che vuole illudere di libertà

ma lo faceva sentire

invece

granello infimo

di un meccanismo

di cui non conosceva

né aveva

mai

capito il funzionamento

Puntino minuscolo

in un'immensità

nemmeno ostile

soltanto lontana

Indifferente

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